Nella mia rubrica di questa settimana torno a parlare di due facce (non) della stessa medaglia. Facce note, una forse più dell’altra, oltre i confini nazionali.
Storie che raccontano di farse e burle giudiziarie, di errori macroscopici e provocatori. Storie di sistemi politici più che giuridici. Amanda Knox, cittadina americana famosa per l’errore giudiziario di cui è stata vittima nel nostro Paese (ahinoi questo è quanto cristallizzato in 5 gradi di giudizio). Chico Forti, cittadino italiano e noto campione di windsurf, rinchiuso nel carcere di massima sicurezza a Miami dall’alba del 2000. Dimenticato da tutti tranne probabilmente da Dio.
Amanda, americana di Seattle, in Italia era venuta per studiare. Chico è un nostro connazionale che aveva deciso di vivere in America, terra da sempre traboccante di grandi opportunità. Due storie allo specchio, due destini che per un periodo si sono anche incrociati nei tribunali dei rispettivi Paesi ospitanti. Entrambi accusati di omicidio e condannati all’ergastolo in Stati diversi e con leggi diverse. Il primo soccombente ad un processo indiziario e circostanziale. Punito senza uno straccio di prova oggettiva e senza possibilità di dimostrare la sua innocenza. Dopo un “fine pena mai” pronunciato sulla base di una “sensazione di colpevolezza”, Forti potrà infatti uscire dal carcere solo nella bara di zinco. Da morto. Già, perché per il sistema statunitense il verdetto della giuria popolare “al di sopra di ogni ragionevole dubbio” è irreversibile e non ammette ulteriori gradi di giudizio. Amanda Knox, bionda dalla fragorosa fascinazione mediatica, è stata inizialmente condannata a 26 anni di carcere insieme al fidanzato Raffaele Sollecito. Schiacciata da prove inequivocabili, dopo svariati gradi di giudizio, è riuscita a ribaltare la sua posizione e ad ottenere l’assoluzione. Di Amanda Knox, concentrato di esplosiva e ammaliante sensualità, hanno parlato i quotidiani di tutto il mondo ma del fidanzato Sollecito, viso liscio e pulito che strideva con la ragazza di Seattle, nessuno o quasi ha mai proferito parola.
E nessuno o quasi ha mai parlato neppure del Forti e del suo giudicato senza appelli. I dubbi sulla colpevolezza sono infiniti così come dubbia è l’applicabilità delle norme e dei diritti previsti dal sistema americano. Ci sono prove che lo scagionerebbero al di là di ogni ragionevole dubbio ma le istanze di revisione presentate nel corso degli anni sono state tutte respinte. Senza motivo, senza discussione. Sul fronte opposto i ragazzi di Perugia, inchiodati da un impianto accusatorio apparentemente solido, hanno avuto la possibilità di ripetere il processo in forza di alcune “falle” del sistema giustizia. Prima che la giuria decidesse in camera di consiglio, sotto gli occhi delle telecamere di tutto il mondo, Amanda e Raffaele hanno urlato a gran voce la loro innocenza. Pure la ribalta mediatica noi gli abbiamo concesso. Se le stesse garanzie, a partire dall’enunciazione dei diritti miranda, fossero state offerte a Chico, probabilmente lui in carcere non sarebbe neppure mai entrato. Mai interrogato negli otto mesi in cui era detenuto prima del processo. Mai chiamato a testimoniare durante l’udienza e, questo, per il diritto americano, significa che l’ultima parola spetta all’accusa. Senza diritto di replica. La giuria si è fatta convincere da una sorta di parvenza di colpevolezza, ha emesso il verdetto dopo poche ore consentendo così al giudice di infliggere la pena dell’ergastolo senza condizionale. Tutto questo nella completa indifferenza del governo italiano. Si narra che una giurata abbia addirittura rivelato di essere stata costretta a deporre per la colpevolezza di Forti.
Quante possibilità ci sono di riaprire un processo negli Stati Uniti per un non americano? L’Italia ha corretto dopo quattro anni l’errore commesso (???) in danno di Amanda e Raffaele facendo mea culpa per il pasticciaccio scientifico, in Florida Chico sconta una pena all’ergastolo in totale assenza di prove “Lo Stato non deve provare che sia lui l’assassino al fine di dimostrare che sia lui il colpevole”. Queste le parole della pubblica accusa prima della sentenza. Qualche mese prima dell’arresto, il Forti, con il documentario “Il sorriso della Medusa”, aveva tentato di scoperchiare il vaso di Pandora, smentendo nei fatti la vicenda relativa alla morte dello stilista italiano Gianni Versace. Probabilmente quel docufilm, trasmesso anche in tutta Europa, è stata la prova che gli è valsa l’ergastolo. Ufficialmente è stato infatti accusato di aver ucciso Dale Pike, figlio del socio Anthony, perché reo – secondo l’accusa – di osteggiare la truffa che Chico aveva messo in piedi proprio a danno del socio. In realtà, è stato ampliamente dimostrato come la vittima della truffa fosse proprio Forti. Oltre il danno la beffa.
Intanto, in casa nostra, Amanda Knox alla sbarra per l’omicidio della coinquilina Meredith è stata assolta per insufficienza di prove. Nonostante la Cassazione la collocasse sulla scena del crimine al momento dell’omicidio.
Due sistemi giudiziari a confronto, due omicidi con finale a dir poco aberrante. L’unica analogia rinvenibile tra i due casi, forse, risiede nell’epilogo (almeno per ora) che hanno avuto. Un italiano innocente giudicato colpevole negli Stati Uniti senza aver avuto modo di difendersi e una cittadina americana probabilmente colpevole accusata di omicidio ma giudicata innocente in Italia. Poco clamore mediatico e politico nel nostro Paese per Forti. Mobilitazione dell’intera America per proclamare l’innocenza della Knox. Amanda è stata assolta senza prove di innocenza. Chico è stato condannato senza prove di colpevolezza. America vs Italia. Da un lato una federazione che tutela incondizionatamente i propri cittadini, dall’altro uno Stato che – lontano dall’essere il caput mundi di romana memoria – china la testa e tace.