Parolisi shock: Trans e scambisti. Quanto vale la vita di Melania?

“Ho tenuto in serbo la tua ombra. Spero non si sgualcisca. Va cucita, lo faccio io, questo è un lavoro da donna”

 

Sicuramente ciascuno di voi ricorderà la storia di Peter Pan e le sue avventure con l’amica Wendy. Wendy a soli dieci anni aveva come massima aspirazione quella di sposarsi – verosimilmente con Peter – e dedicarsi totalmente alla famiglia, alla casa e a far sì che l’ombra del compagno di giochi non si sgualcisse.

No, non preoccupatevi. Non ho smesso di raccontarvi crime stories per rimembrare la nota favola di J. M. Barrie. Il motivo di questo richiamo non è affatto casuale. È infatti proprio al personaggio di Wendy Darling che si è ispirato lo psicologo Dan Kiley per classificare la Sindrome da crocerossina (o, appunto, anche detta sindrome di Wendy).

Si tratta di una patologia che colpisce in particolar modo le donne, solite assumere atteggiamenti particolarmente accuditivi, protettivi e diretti all’esclusiva giustificazione e soddisfazione dei bisogni altrui. Naturalmente a discapito dei propri.

Era il 18 aprile del 2011 quando, Salvatore Parolisi, ex Caporale maggiore dell’esercito, uccideva con 35 coltellate la moglie Melania Rea sotto gli occhi della figlia Vittoria di appena 18 mesi. E ad oggi, dopo solo 8 anni di carcere, Salvatore potrebbe beneficiare dei primi permessi premio.

Quanto vale la vita di una ragazza di soli ventotto anni? Quanto vale la vita di una donna, e mamma, che ha scelto di dedicare la propria vita alla figlia e al coniuge, con completa e assoluta abnegazione?

Già, perché questo aveva fatto Melania. Nonostante avesse scoperto scappatelle e tradimenti del marito, aveva a tutti i costi cercato di mantenere in piedi il matrimonio. E lo aveva fatto trovando la forza in sé stessa, senza confidarsi né chiedere aiuto ad amici e familiari per salvare la reputazione del marito. Quel marito che aveva tanto amato, quel marito che con l’account facebook “Vecio Alpino” chattava con l’amante Ludovica. E proprio con la famiglia di Ludovica, il signor Parolisi avrebbe dovuto trascorrere le vacanze pasquali. Per questo aveva ucciso Melania, per mangiare la colomba con la famiglia della Perrone.

Melania come Wendy. Parolisi come Peter. Forse non tutti se lo ricordano, ma fino al 4 luglio 2011 – 15 giorni prima dell’arresto – il Parolisi continuava ad intrattenere conversazioni su chat a luci rosse (cercando, oltretutto, di eliminarne qualsiasi traccia).

 Con l’account “corpo a corpo” – creato già il 18 gennaio 2008, a soli tre mesi dal matrimonio con Melania –  il prestante militare chattava con i transessuali, pubblicando sul suo profilo messaggi del seguente calibro: “Provatemi a contattare in chat, ci conosceremo insieme e se ci sarà feeling ci incontreremo. Ho videocamera, foto e tutto ciò che mi chiederete. Tra le preferenze di corpo a corpo ci sono bisex, trans, lesbiche, schiavi sessuali e lesbiche”.

Insomma, messaggi tutto fuor che equivocabili e che non ti aspetteresti da un padre famiglia. Ma forse te lo aspetteresti da un uomo che aggredisce mortalmente la propria moglie alle spalle e sotto gli occhi di una figlia di appena 18 mesi.  Te lo aspetteresti da un vile e bugiardo assassino che è andato a piangere in televisione affinché la moglie, dispersa, tornasse a casa. Salvatore, che con la scelta del rito abbreviato se l’è cavata con soli 20 anni, ha diritto – per l’ordinamento italiano – di godere di alcuni permessi premio. Chissà che cosa ne penserebbe Melania, condannata invece alla pena di morte. Una pena che sicuramente non conosce alcun tipo di beneficio.